Felice Naalin
Presidente di LuceArtsWorkShop

ARTISTI
FELICE NAALIN
FABRIZIO BIMBATO
PAOLO PRAVADELLI
RICCARDO FERRARI
ALFREDO DEL PALCHI
ELISA BELLUTTI
I N T E R V I S T A    A    F E L I C E    N A A L I N

In un mondo come il nostro dove l'arte ha la pretesa più di voler stupire che commuovere, Felice Naalin ha le idee chiare e lavora in una direzione di riconciliazione, una sorta di nuovo patto tra l'artista e il pubblico. Il progetto di un contenitore in cui sono benvenuti tutti i moderni mezzi espressivi, dal computer alla telecamera, senza abbandonare quelli tradizionali,si sta precisando in Figuralismi.Si vuole ripristinare la consapevolezza del lungo cammino della storia dell'arte, senza negazioni alcune. Questo non significa che bisogna solo continuare a copiare i classici, ma anche ai giorni nostri si può realizzare un affresco senza fare del manierismo.
Si apre Figuralismi all'insegna della semplicità e della chiarezza, liberati da promesse utopistiche slegate dal vissuto quotidiano. Una serie di mostre che partono da Milano per approdare prima in Europa e poi in America, dove vengono accolti gli artisti che sono interessati al progetto, un dialogo aperto con i poeti, con i musicisti e con altri artisti che si sono dimostrati sensibili ad accogliere questa nuova realtà. Sentiamo l'artista veronese.

Professore, come e quando è nata l'idea di questo progetto?
La proposta appare come prima inaugurazione operativa di un progetto iniziato ancora nel 1990. Figuralismi mi sembra quasi un destino, scritto da qualcuno in un luogo indefinito, oppure definito da noi in ogni momento della nostra crescita artistica e culturale. L'operazione è sempre la stessa: tracciare il segno del nostro essere nel mondo. Le ipotesi possono essere entrambe vere. Il tutto può essere visto come prodotto da noi, libero arbitrio, oppure accolto giacché era predestinato ad essere formulato.

Quali sono i presupposti teorici su cui poggia l'iniziativa?
Nel Medioevo si pensava che la sapienza, espressa con un linguaggio ricco di spiritualità, fosse patrimonio solo dei chierici, mentre i laici erano destinati a restare ignoranti. Anche il nostro tempo ha generato una nuova separazione del sapere artistico. Di fatto, una schizofrenia che ha prodotto due gruppi distinti di operatori delle arti. Da un lato i letterati-critici che hanno dettato le regole e i sistemi, dall'altro gli artisti che hanno spesso eseguito le visibilità delle teorie. Era successo anche nella cultura neoclassica quando gli archeologi insegnavano agli artisti-esecutori la purezza degli stili classici (dorico, ionico e corinzio).
Riflettendo su tutto ciò, ho immaginato questo nuovo "spazio" dei Figuralismi, le idee nascono senza separazioni ideologhe o di appartenenza. La teoria si relaziona direttamente con la pratica e ogni artificiosa separazione tende ad essere esclusa.

Che dire del suffisso "ismo" che evoca dottrine, tendenze, movimenti fin troppo numerosi nell'ultimo secolo?
Ad un primo approccio imbatterci in un nuovo "ismo", può generare diffidenza se non addirittura perplessità. Ne abbiamo incontrati ormai molti nell'ultimo secolo. Tutti alla ricerca di una nuova verità: Cubismo, Astrattismo, Dadaismo, Surrealismo, ecc. Volevano trasformare il mondo, immaginare nuovi sistemi di produrre arte. Sono stati accolti con grande entusiasmo, altri hanno creato persino sconcerto. E comunque hanno turbato profondamente. Tutti volevano concorrere a definire una verità al di fuori delle tradizioni e delle certezze delle culture già consolidate.
L'Ismo che qui si annuncia procede in una direzione opposta. Non cerca verità, avanza senza "arché", senza verità. Si propone di divenire dimora della propria interiorità, non la ricerca continua di sconvolgenti teorie rivoluzionarie. Si affida alla comprensione, vuole raggiungere la contemplazione, rappresentare il nostro essere nel mondo.
Occorre sicuramente un po' di pazienza, serve la voglia di ascoltare per scoprire che la proposta Figuralismi potrebbe possedere un'intrinseca novità. Tende a risultati positivi, aiuta a riflettere.
Andiamo per ordine e cerchiamo di capire di cosa si tratta...
Figuralismi, appagando anche le aspettative del pubblico, si pone come un incontro. Un contenitore che non esclude nessun tipo di produzione.
Tutti riconosciamo che il bello assoluto è veramente uscito di scena, le varie ricerche quasi sempre elitarie sovente si sono allontanate dal senso dell'apprensione comune. Quello che si cerca è un recupero di interesse e di credibilità. Spesso l'arte ha perso il suo pubblico per reciproca incomprensione. Molti appassionati si sono rifugiati nei grandi autori, nell'arte del passato, abbandonando frequentemente le nuove proposte che risultavano incerte.
Partendo dalle periferie del dibattito sull'arte figurativa, i Figuralismi - icone dopo le clonazioni mettono in pratica l'arcaico simbolico, la capacità che ha l'immagine di rimandare alle memorie soggettive. Un'estasi che concede il tormento e/o la gioia.

C'è un fondamento filosofico in tutto questo?
Agli inizi, mi sono incontrato con i filosofi per definire Figuralismi, pensando di promuovere un sistema espressivo-linguistico comprensibile. Capace di commuovere. Pronto ad accogliere chi sperava di ricevere l'Arte.
In quest'elemento fecondo, s'ipotizzava un contenitore possibile per gli artisti, attenti alla propria unicità, consci di dovere la verità nell'Arte. Si pensava di radunare artisti, in un apparente disordine, capaci di affrontare con i sistemi delle immagini la visione poetica del presente.
Adesso, dopo oltre un decennio, la realizzazione di quella fase originale. Qui prende corpo Figuralismi accogliendo nel proprio seno artisti che provengono dallo spaesamento. Anni passati nel profondo malessere dell'isolamento a sbirciare sommovimenti poco capiti e mai pienamente condivisi. Il tempo lungo di meditazione teorica è stato in ogni caso necessario per capire e per cogliere la necessità di proporsi. Non si tratta di ripercorrere la storia come è stato fatto da alcuni citazionisti. Le vissute esperienze non si cancellano e le clonazioni disgustano nei ritorni. Ogni cosa ha una sua dimensione.Ogni manifestazione naturale od artificiale ci aiuta a capire meglio il nostro presente. Le esperienze del nostro tempo ci hanno resi smaliziati e liberi. Ci hanno dato occhi più attenti.

La lunga meditazione ha generato delle regole?
Il caos potrebbe trasformarsi in ordine, non cercando le regole, ma accogliendo delle regolarità. La grammatica e la sintassi dell'arte non sono definibili a priori ma nelle pratiche di ogni artista. Nuove ramificazioni personali che generano radici profonde. Attraverso l'attenzione al mondo, l'artista diventa capace di mettere in crisi la logica economica-quantitativa attualmente dominante. Poter riaffermare il valore che lega la vita alla terra e al corpo, chiaramente non il singolo artista ma la comunità degli artista uniti in un legame etico e quindi politico. Artisti che danno vita a modelli costruiti nelle forme della non riproducibilità meccanica, informatica, telematica. Immagini prive di clonazioni che permettono altro. Immaginando, infiniti frattali ripetuti identici ed originali.
Nell'epoca delle clonazioni, dunque l'arte ribadisce la sua forza nell'unicità...
Noi proviamo oggi l'esodo dovuto ai disagi, continuando a sperare, pensando di procurare emozioni.
Le opere d'arte, le immagini che la tradizione ci ha consegnato perché possiamo goderle come luogo della presenza emotiva, come luogo dell'incanto e qualche volta persino come estasi; sono ancora proposte che mantengono una alta potenza espressiva. L'oggetto d'arte ha ancora la forza di rimandare all'idea, di far parlare, di sviluppare dibattiti.
In tutto questo resta primario il valore dell'unicità. L'opera, unica ed irripetibile, assume valore sacrale.
E' necessario pensare ad un "ritorno" dell'arte nella comunità del linguaggio. L'arte non può esistere al di fuori del linguaggio. Un linguaggio visivo che, dopo le grandi crisi e le dichiarazioni di morte dell'arte stessa, apre le porte anche agli altri linguaggi.
La strada spesso percorsa per mettere insieme solo i risultati non è sufficiente. E' urgente unire le differenze, creare dei ponti di simpatia.
Le varie discipline che concorrono a definire il mondo dell'arte hanno necessità di trovare un dialogo precisando le singole operazioni, ritrovando le varie tradizioni che hanno generato il mito. Recuperando la memoria, nel frattempo guardiamo avanti, cerchiamo un futuro.

Figuralismi come dimora di tutte le arti: è questo che intende dire?
Forse pensare alla genialità della proposta di Filippo Tommaso Marinetti (Noi canteremo… i nostri occhi abituati alla penombra si apriranno alle più radiose visioni di luce…) con il suo Futurismo non è sbagliato. Ci aiuta a capire il modo di agire, di creare gruppo capace di potenti passioni, di desideri, di ambizioni che si possano realizzare nei comportamenti.
Se oggi abbiamo un vantaggio, rispetto al passato, è nel non costringimento dottrinale: tutti abbiamo voglia di libertà, tutti abbiamo il desiderio di creare in autonomia la nostra arte.
Avere un parametro di raffronto per trasgredire, se vogliamo, un riferimento classico da cui prendere ogni qual volta sia necessario regolare licenza.
Il "canto" è aperto.

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